Esistono luoghi così remoti e nascosti da sembrarci addirittura irreali. Angoli di mondo talmente inesplorati che, una volta raggiunti, viene da chiederci cosa ci abbia portato fin lì. Chi arriva sull’isola di Sant’Elena, ci arriva portato dal destino. Un destino che, come una calamita, attira verso un viaggio tra i più suggestivi che il nostro pianeta possa offrire. Quello di Napoleone Bonaparte, per esempio, sta scritto a inchiostro leggero su un quaderno datato 1788. Alcuni suoi appunti di quando era ancora un allievo ufficiale rimangono troncati nel mezzo di una pagina e finiscono con queste parole: “Sant’Elena, piccola isola…”. Fa un certo effetto pensare che su quella minuscola porzione di roccia vulcanica nel mezzo dell’Atlantico egli sarebbe sbarcato da prigioniero ben ventisette anni dopo. Ai suoi occhi di esule quei pochi chilometri quadrati di territorio inglese non rappresentarono nulla di speciale “se non fosse per il caffè che vi si produce”. Tutto il contrario di come apparvero invece a Charles Darwin appena qualche anno dopo, quando a bordo del brigantino Beagle giunse sull’isola di ritorno dal viaggio che gli ispirò la teoria dell’evoluzione: un paradiso incontaminato con specie animali e vegetali uniche al mondo.